Ivana ci riporta a un tempo sospeso, quello della pandemia, in cui le nostre vite sono state come cristallizzate. Ognuno di noi ha reagito in modo diverso allo smarrimento, chi con scoramento, chi cercando di fare rete, chi reinventandosi, chi adattandosi. Lei ha deciso di dare alla speranza un sapore.

Sembra un giorno come gli altri.
Invece sto andando al lavoro per chiudere la porta, incollarci un cartello con su scritto: “ CHIUSO PER DECRETO COVID 19”.
Non sono agitata.
Tengo a distanza la paura.

Suddivido la preoccupazione in piccole dosi quotidiane, così è più facile da gestire.
Sono come sospesa
D’altronde tutto è sospeso intorno a me.

Chiusura momentanea… dicono.
Ma passano giorni, settimane, mesi, sento la necessità di riprendere in mano quello che è rimasto delle mie abitudini, del mio lavoro, della mia vita.
Tornare a lavorare… ma come???
Nuovi adempimenti, nuove regole mi obbligano a pensare, riflettere, cambiare abitudini, inventare, organizzare.
Cercare un filo a cui aggrapparmi, ma non quello di prima.

Dopo qualche notte insonne, perché adesso la paura la sento, una luce che trasmette pura energia mi spinge ad andare, ricominciare, riprovarci.
E non importa se lungo la strada deserta percepisco la dolorosa solitudine come se fossi l’unica sopravvissuta.
Non importa se tutto deve essere prima previsto, poi organizzato con precisione.
Non importa se mi scoppia la testa, conta solo che ho ancora speranza nell’anima.

Andrò da un posto all’altro.
Da una casa all’altra.
Guarderò dritto negli occhi lo sconosciuto, cercando di riconoscere sotto la mascherina la persona che sedeva al mio tavolo e mi dava la mano soddisfatta e qualche volta anche un bacio o un abbraccio.
E quando fra tutti i “BIP BIP” del telefonino ne arriverà uno dallo sconosciuto al quale ho portato il pacchetto con la cena, che mi ringrazierà con affetto e gratitudine, capirò allora che un po’ di vicinanza, umanità e calore erano stati impacchettati insieme all’arrosto.