Lucia ha vissuto sulla sua pelle la violenza domestica, i lividi nel corpo e nell’anima. Quando si è allontanata ha dovuto sentire anche il peso del senso di colpa. Poi la ruota della vita ha deviato un percorso che sembrava segnato… è stato molto difficile andare oltre maldicenza e ipocrisia, ma lei ha mostrato coraggio e ha fatto punto e a capo.

La violenza sulle donne è una vicenda di cui si parla molto, specialmente quando succede l’irreparabile. Ogni volta che sento una notizia del genere mi sento una miracolata.

Ripenso a due mani sul collo, che hanno lasciato la presa sentendo le mie parole “molla che mi manca il fiato”… lì ho capito che dovevo essere in piedi per difendermi. Quando aveva bevuto mi urlava bestemmie; a volte dovevo difendermi anche coi piedi, non solo con le mani.

In casa dovevo guardarmi alle spalle, se aveva bevuto lo capivo dal suo sguardo nel vuoto, dalla camminata irregolare, dalla parlata, sembrava che avesse un sasso in bocca. In casa ero tranquilla se ero da sola ma quando rincasava lo guardavo e mi diceva “cos’hai da guardare”?  Con lui in casa la cosa più banale era difficile, perché voleva la mia attenzione come se lui fosse la priorità.

Ho portato tanta pazienza in 15 anni di matrimonio. A un certo punto non eravamo più una coppia, piuttosto fratelli, e ho abbandonato il letto coniugale; persino mia madre ho avuto contro per questa decisione.
Non ce la facevo più, volevo separarmi e invece se lo è portato via un tumore all’esofago. Nonostante le pastiglie antirigetto fumava; ha cominciato con la tosse e dopo tre mesi se ne è andato.

Quando una persona giovane muore la notizia è veloce come il vento, il pensiero va al coniuge.  Non ero più trasparente, ho avuto tanti occhi puntati addosso; tutti bravissimi a pretendere di sapere come stavo, come vivevo, comportamenti di compassione che non sopportavo.  In un paese piccolo le persone mormorano, ma sono io che ho vissuto con lui e con l’amore malato.

Disgustata dalle falsità, ho cominciato a scegliere anche con chi fare una semplice passeggiata. Da questa esperienza ho cominciato a capire le persone, leggere il linguaggio del corpo, distinguere quelle vere da quelle bugiarde, che agivano con un secondo fine.

Man mano che passava il tempo mi sono resa conto che era impossibile lavorare nel paesello e ho trovato il coraggio di andarmene. Lavorare in una grande città mi ha fatto riacquisire autostima, fiducia, soprattutto il fatto di camminare a testa alta.

Quando ho conosciuto il mio attuale compagno di vita mi sentivo più tranquilla, più forte, avevo smesso di guardare per terra. Avevo smesso.